4 motivi per votare Sì al referendum contro le trivelle

4 motivi per votare Sì al referendum contro le trivelle

Il 17 aprile avrà luogo il referendum contro le trivellazioni nei mari italiani. Si tratta di un referendum abrogativo – che cancella una norma – quindi per dire NO alle trivelle è necessario votare SÌ.

Il referendum ha una portata limitata (riguarda solo le trivelle entro le 12 miglia) ma secondo noi è molto importante per proteggere l’ambiente, mandare un segnale alle multinazionali del petrolio e indirizzare le politiche energetiche del governo verso un futuro 100% sostenibile.

Ecco 4 motivi per i quali è necessario votare SÌ.

 

1. Bassa quantità di gas e petrolio nei giacimenti

 

In Italia ci sono attualmente 69 concessioni (135 piattaforme) dedicate all’estrazione di gas e petrolio. La loro produzione copre poco meno del 10% del fabbisogno energetico nazionale. Le riserve però si stanno esaurendo rapidamente e nel 2006, un rapporto del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), stimava che le risorse di gas sarebbero state prosciugate entro 18-20 anni, mentre quelle di petrolio entro 13-14 anni. Essendo trascorsi dieci anni, ci rimangono quindi 8-10 anni prima di esaurire il gas e 3-4 anni prima di terminare il petrolio.

Le concessioni interessate dal referendum, ovvero quelle situate entro 12 miglia dalla costa, sono in tutto 35, di cui solo 26 sono ancora produttive (79 piattaforme). Tutte estraggono gas (26% della produzione nazionale) ma 4 di esse estraggono anche petrolio (9%). Nel 2014 l’estrazione da queste piattaforme ha coperto solo il 3,2% del fabbisogno nazionale di gas e lo 0,8% del fabbisogno nazionale di petrolio. Pochissimo.

Se vinceranno i SÌ, queste 26 concessioni dovranno chiudere, ma non subito, solo alla scadenza della concessione in corso. Ciò significa che nessuna concessione verrà chiusa nel 2016, 9 concessioni verranno chiuse nel periodo 2017-2019 e 8 tra 2020 e 2027. Le restanti 9 concessioni (scadute tra il 2014 e il 2016, più una in scadenza nel 2017) rimarranno invece in funzione poiché hanno già fatto richiesta di proroga con la normativa attuale.

Questo ci lascia abbastanza tempo per implementare progressivamente la transizione verso le rinnovabili.

 

2. Danni ambientali

 

A dispetto di quanto si sente in queste settimane, l’estrazione di idrocarburi offshore non è per niente sicura e ha importanti ricadute sull’ambiente. Dal 1990 al 2007, sulle piattaforme europee si sono verificati oltre 9.800 incidenti di vario tipo, di cui 1.300 solo in Italia. Tra il 1999 e il 2004, sono occorse oltre 9.000 fughe di gas o petrolio solo nel mar Mediterraneo. Inoltre, i dati del Ministero dell’Ambiente (2014) mostrano come intorno al 79% delle trivelle il mare e i sedimenti  siano contaminati ben oltre i limiti consentiti, un dato certamente influenzato anche dalle procedure di manutenzione ordinaria, che prevedono l’immissione di fanghi e sostanze altamente tossiche nei fondali, che danneggiano anche la fauna marina già stordita dalla tecnica airgun (esplosione sottomarina di aria compressa usata per la ricerca di giacimenti). Per non parlare poi dell’inquinamento dell’aria attraverso le emissioni nocive (nitrati, idrogeno solforato, nanopolveri) sia da parte dei pozzi che da parte delle centrali di desolforizzazione.

Vanno inoltre considerati i danni indiretti, legati allo sfruttamento delle risorse estratte, trasformate in combustibile per le nostre centrali elettriche e le nostre auto, che contribuiscono all’aumento dei gas serra e al riscaldamento climatico. Il 2015 è stato infatti l’anno più caldo da quando si sono cominciate a registrare le temperature (1880) e la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è la più alta degli ultimi 800.000 anni. L’Antartide si sta sciogliendo e mentre il Bangladesh veniva sommerso dall’innalzamento del mare, a Parigi la Conferenza Cop21 per il clima ha lanciato l’allarme: dobbiamo contenere l’aumento della temperatura entro i 2 gradi e per farlo bisogna accelerare drasticamente la transizione energetica.

Va fatto. Per la nostra salute, per il pianeta, per l’intera specie umana. Perché ostinarsi a puntare sul fossile quando si può investire da subito nell’energia del futuro?

 

3. Le rinnovabili sono il presente, manca solo la volontà

 

Tutti sappiamo che la transizione va fatta, ma pochi sanno che in molte parti del mondo l’energia pulita è già una splendida realtà.

In Costa Rica, il 99% dell’energia elettrica prodotta nel 2015 è arrivata da fonti rinnovabili, di cui 75% dall’idroelettrico. La Svezia punta a diventare il primo paese libero da petrolio al mondo (oggi ne è dipendente per il 20% del fabbisogno) e, per farlo, nel 2016 aumenterà gli investimenti nel solare dell’800%. La Danimarca detiene il record mondiale per la produzione di energia eolica e punta ad essere rinnovabile al 70% entro il 2018. Sempre il vento ha coperto il 97% dell’energia elettrica domestica in Scozia nel 2015. In Olanda, nel 2018, tutti i treni saranno alimentati con energia di provenienza eolica. Il Nicaragua, secondo paese più povero del Sudamerica, ha raggiunto 54% di energia pulita in 10 anni e punta al 100% entro il 2021.

E l’Italia? Non malissimo in verità, siamo tra i leader mondiali del solare e l’energia elettrica green nel 2015 è valsa il 38% del fabbisogno nazionale, ma i tagli agli incentivi iniziati nel 2012, e perpetrati fino ad oggi, hanno frenato il boom, tanto che le nuove installazioni sono crollate del 78% in 4 anni. Ciò nonostante, spiccano alcune città virtuose 100% sostenibili come Varese ligure (300% del fabbisogno), Tocco da Casauria (100% con 4 pale eoliche), Campo Tures, Brunico e molte altre.

Sempre più paesi investono nell’energia pulita, sempre più città si staccano dalle fonti fossili, il 23% dell’energia mondiale è già prodotta con le rinnovabili, l’efficienza delle installazioni viene migliorata ogni anno e presto avremo pannelli solari trasparenti in ogni finestra.

Questi dati testimoniano, se ancora ce ne fosse bisogno, che l’unico vero ostacolo ad un futuro 100% rinnovabile, è la volontà politica.

 

4. Mandare un messaggio chiaro al governo

 

Nonostante le belle parole e le dichiarazioni di facciata, il governo Renzi non sta facendo nulla per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Il suo Sblocca Italia è stato definito da Legambiente, Greenpeace e WWF “uno dei provvedimenti più antiambientalisti che si siano mai visti”. Prevede l’apertura di 9 inceneritori, concessioni infinite e agevolazioni burocratiche per le trivellazioni in terra e in mare, concessioni infinite e defiscalizzazioni per la costruzione di nuove autostrade.

D’altronde questo governo sostiene fortemente anche il cantiere TAV in Valle di Susa, un’opera di dubbia utilità dal costo ambientale elevatissimo e la costruzione del gasdotto TAP in Puglia, approvato nonostante il “no” della Regione e l’esito negativo della Valutazione di Impatto Ambientale.

Lo stesso governo ha poi varato il decreto Spalma Incentivi che prevede tagli retroattivi per 3 miliardi di euro agli incentivi per le rinnovabili, mentre non vengono nemmeno sfiorati i 15 miliardi di sussidi che lo Stato paga ogni anno all’industria del fossile. Anzi, nel decreto Destinazione Italia sono stati addirittura stanziati 1,2 miliardi di aiuti per le miniere di carbone di Sulcis in Sardegna.

Per questo è necessario mandare un messaggio forte e chiaro al governo, affinché inizi seriamente a dismettere le fonti fossili e ricominci a investire nello sviluppo delle rinnovabili. Magari prendendo spunto dalla Francia, che ha da poco dichiarato che non concederà più nessuna autorizzazione per trivellare né in terra né in mare.

 

Un futuro 100% rinnovabile è possibile, basta volerlo. Impediamo al governo di mettere la testa sotto la sabbia. Il 17 aprile, votiamo SÌ.

 


 

AGGIORNAMENTI:

A/ Dallo scandalo Totalgate, che ha portato alle dimissioni del ministro Guidi, è emerso che l’Eni ha sostituito le cozze utilizzate come indicatori ambientali, falsando i test sull’inquinamento dell’Ispra. Ciò nonostante, come riportiamo sopra, il 79% delle acque analizzate è risultata contaminata molto oltre i limiti.

 

B/ Al contrario di quanto dichiarato dai sostenitori del No, non è vero che sono già vietate le nuove trivellazioni entro le 12 miglia. È vietato rilasciare nuove concessioni, ma nelle concessioni già rilasciate, è possibile trivellare (quasi) a piacimento e sono già previste nuove trivellazioni entro le 12 miglia nelle concessioni Guendalina (Eni), Rospo e Vega (Edison).

 


 

Per approfondire:

Valigia Blu, Petrolio, referendum e Sblocca Italia: il gioco vale la trivella?

Valigia Blu, Climate Change

Greenpeace, Trivelle fuorilegge

Legambiente, Stop sussidi alle fonti fossili

Aspo Italia, Le bufale sul referendum del 17 aprile

Parlamento Europeo, The impact of oil and gas drilling accidents on EU fisheries

Enzo Di Salvatore, Costituzionalista e portavoce No Triv

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Laurent Ferrante

Written by Laurent Ferrante

Curioso di tutto (o quasi) da grande avrei voluto fare il lettore, ma non essendo una professione retribuita ho preferito dedicarmi a lettering e illustrazione. Sogno di girare il mondo e contribuire ad aggiustarlo.
Website: http://www.papaya.studio

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