Letteratura ed empatia

Letteratura ed empatia

 

Nel 2014, Susan Elderkin ed Ella Berthoud scrissero un interessante volume che ebbe un ottimo successo di pubblico e critica, “Curarsi con i libri. Rimedi letterari per ogni malanno”.
Dentro vi sono elencati, in ordine alfabetico, disturbi e problematiche delle più svariate nature (dall’ansia alla distrazione, dall’arroganza alla xenofobia) e loro possibili palliativi: Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen e Quel che resta del giorno di Kazuo Ishiguro, ma anche Shining di Stephen King e Io sono Leggenda di Richard Matheson

 

La risposta positiva a questa stimolante lista di consigli utili a riempire i nostri scaffali non stupisce. La biblioterapia – ovvero “il processo di interazione dinamica tra la personalità del lettore e la letteratura, che può essere utilizzato per la crescita, l’aggiustamento e il rafforzamento personale”1 – è una pratica la cui efficacia è riconosciuta dai tempi degli antichi greci, e che rientra nella spontanea inclinazione umana all’identificarsi con altre persone o situazioni attraverso l’arte.

 

La lettura di testi di narrativa aiuta a comprendere meglio le emozioni, i comportamenti e gli stati mentali degli altri, migliorando in questo modo le interazioni sociali.

 

Secondo recenti studi nel campo della teoria della mente (ovvero “quella capacità umana di comprendere che le altre persone hanno credenze e desideri che potrebbero differire dai nostri”), ultimo quello pubblicato da Emanuele Castano e David Comer Kidd su Science, la lettura di testi di narrativa aiuta a comprendere meglio le emozioni, i comportamenti e gli stati mentali degli altri, migliorando in questo modo le interazioni sociali.

 

L’utilità medico-psicologica della lettura è solo una delle tantissime sfumature che essa possiede. Può essere un passatempo, una passione divorante, un’imposizione esterna ai fini dell’istruzione, una fuga dalla realtà, un diversivo per quando si è sui mezzi pubblici e molto altro. Fino al nostro passato più recente, riunirsi in famiglia o con gli amici intimi per leggere ad alta voce qualcosa era un momento della massima importanza, conviviale, piacevole ed educativo a un tempo.

 

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Secondo il Premio Nobel per la Letteratura 2006, Mario Vargas Llosa, imparare a leggere è stata “la cosa più importante mai accadutami”, poiché “trasformava i sogni in vita reale e la vita reale in sogni” – oltre a rivelarsi la porta d’ingresso per la sua principale passione e occupazione: scrivere. Nel suo bellissimo discorso di accettazione a Stoccolma, lo scrittore approfondisce ulteriormente l’importanza che i due grandi amori della sua vita hanno avuto per lui:


“Grazie alla letteratura, alle coscienze che plasma, ai desideri e ai bisogni che ispira, e al nostro disincanto verso la realtà nel momento in cui facciamo ritorno dal viaggio in una bellissima fantasia, la civiltà è ora meno crudele di quanto fosse quando i primi narratori cominciarono ad umanizzare la vita con le loro favole. Saremmo peggio di come siamo senza i buoni libri che abbiamo letto, più conformisti, non altrettanto inquieti, più sottomessi, e lo spirito critico, il motore del progresso, non esisterebbe nemmeno. Come la scrittura, la lettura è una protesta contro le carenze dell’esistenza. Quando cerchiamo nei romanzi ciò che manca nella nostra vita diciamo, senza bisogno di comunicarlo o nemmeno di esserne consapevoli, che la vita non sta soddisfacendo la nostra sete di assoluto – la base della condizione umana – e dovrebbe essere migliore”.2

 

Riassumendo: i libri ci rendono più consapevoli, più empatici, più ribelli e meno soli (pur sposandosi benissimo con la solitudine). In questo senso, a volte, sembrano capirci ed interessarci molto più delle persone in carne ed ossa – anche se sono persone da noi molto amate e che, a loro volta, ci amano. Quando non ci si comprende e non ci si sente compresi, la mano che ci viene tesa dalle pagine del libro giusto appare salvifica.

 

Saremmo peggio di come siamo senza i buoni libri che abbiamo letto, più conformisti, non altrettanto inquieti, più sottomessi, e lo spirito critico, il motore del progresso, non esisterebbe nemmeno.

 

Una delle sensazioni più straordinarie è sentirsi emotivamente ed intellettualmente fratelli di uomini e donne morti da secoli. Vi sono autori che sembrano aver capito tutto, e che sono stati in grado di condividere quel tutto al meglio delle capacità estetiche; autori che illuminano i rapporti umani, la politica, la spiritualità del presente (e probabilmente del futuro) pur provenendo da realtà geografiche, storiche e culturali che non esistono neanche più. Venire esposti sin dalla più giovane età alla letteratura di ogni genere e di ogni tempo è quanto di più utile per rimettere nelle giuste proporzioni i problemi e gli entusiasmi che compongono le nostre giornate.

 

Leggere e scrivere rallentano la vita, dilatandola a dismisura nello spazio di poche pagine. Ci danno il tempo di capirla e apprezzarla meglio – e perché no, anche di criticarla. Spesso ci donano la sensazione di raggiungere il grumo più indesiderabile dei nostri dubbi, debolezze, dolori, e di lasciarlo respirare, dandogli dignità attraverso l’articolazione e la bellezza. Molte volte assegnano addirittura un nome a qualcosa che abbiamo sempre provato ma che non eravamo mai riusciti prima ad isolare. Ampliano non solo il vocabolario lessicale, ma anche quello emotivo.

 

Ed è per questo che decodificare la parola scritta e comunicare attraverso di essa migliora l’espressività di ognuno di noi. Sviluppare queste abilità non deve essere finalizzato all’iscrizione alla facoltà di Lettere, o al sogno di diventare uno scrittore famoso, o al raggiungere lo status elitario di “persona colta”. Insegnare ad amare i libri e a scrivere un pugno di righe riflessive a fine giornata si può riassumere in un gesto: porgere una chiave per schiudere l’esperienza umana, e far presente che rimarrà sempre nelle nostre tasche, da utilizzare quando ne avremo bisogno, o anche solo quando ne avremo voglia.

 

Fonti:

1. Lehr, Fran. (1981). Bibliotherapy. Journal of Reading, 25(1), 76–79

2. Traduzione dell’autrice

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Eloisa Zendali

Written by Eloisa Zendali

Bibliofila convinta, mi interesso anche di cinema e psicologia. Studio Lingue e letterature straniere all'Università Statale di Milano. Sono presidente dell'associazione Il Resto del Caffé, che si occupa di promuovere attività culturali e ricreative presso l'Informagiovani di via Dogana 2.
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