Dell’essere capaci

Dell’essere capaci

Artwork: Papaya – Lettering & Illustration 

 

Di cosa siamo capaci? Di tante cose, diremmo. Sappiamo respirare, scherzare, cucinare, sappiamo fare calcoli! Sappiamo costruire cose, case, palazzi, città, nazioni, regni, imperi. Siamo capaci di scrivere, oppure non siamo capaci di scrivere, o di leggere, o di fare. Non sai fare niente! Non sei capace! Sei un incapace! Ecco, ad accusare siamo certamente molto bravi, ma se in realtà, semplicemente, non fossimo capaci di essere capaci?

 

Cosa significa, davvero, “essere capaci”? Capace non vuol dire “saper fare”, vuol dire “saper contenere”. La capacità è una dimensione, non un’azione. 

 

Capàce /ca·pà·ce/
aggettivo – lat. CÀPAX – acc. CAPÀCEM – Propr. Che può contenere, comprendere.

 

Capacità è la capienza, la possibilità di contenere qualcosa, ma cosa esattamente? Per gli oggetti è più facile: la capacità di un baule (oggetti), di una damigiana (liquidi), di un ascensore (persone). E noi esseri umani cosa possiamo con-tenere, cosa possiamo tenere in noi stessi? Beh, il cibo ovviamente, e l’aria ma qui intendiamo qualcosa di più astratto, eppure terribilmente concreto. Per esempio: le parole. Ogni giorno le pronunciamo, le produciamo, le proferiamo, ne veniamo colpiti, con dolore o con gioia, con interesse o con indifferenza. Le com-prendiamo e le salviamo nella nostra mente insieme ai significati che portano con sé, e lì cominciano ad evolvere, a fiorire, e si formano i nostri pensieri, i nostri ricordi, i nostri ragionamenti. Ma quante parole siamo capaci di contenere? Quante informazioni, quante conoscenze? Siamo abbastanza capienti da contenere l’infinito caleidoscopio di odori, immagini, suoni, emozioni, persone? Di quanto spazio disponiamo? è uno spazio finito, infinito, elastico?

 

L’impressione è che la nostra capacità dipenda solo da noi. Da quanto siamo curiosi dell’altro, da quanto vogliamo migliorare, crescere, ingrandirci. Forse è questo quello che inconsapevolmente intendiamo quando parliamo di un “grande uomo” o di una “grande donna”, ci riferiamo a una persona in grado di contenere molto, in grado di comprendere gli altri e portarli con sé, con la loro identità, le loro ragioni, i loro torti, i loro difetti. E forse è questo che intendiamo quando parliamo di una persona aperta, una persona di ampie vedute, disposta a ricevere, accogliere, contenere l’altro, il diverso, il nuovo semplicemente.

 

Allora quando davanti allo specchio ci soffermiamo a riflettere su noi stessi, non elenchiamoci le nostre competenze, non chiediamoci di cosa siamo capaci, ma domandiamoci, piuttosto, quanto siamo capaci.

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Laurent Ferrante

Written by Laurent Ferrante

Curioso di tutto (o quasi) da grande avrei voluto fare il lettore, ma non essendo una professione retribuita ho preferito dedicarmi a lettering e illustrazione. Sogno di girare il mondo e contribuire ad aggiustarlo.
Website: http://www.papaya.studio

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